Audioguida per il percorso naturalistico
Nome pianta:
Oleandro
Ordine:
Gentianales
Famiglia:
Apocynaceae
Genere:
Nerium
Specie:
Nerium oleander
Formula fiorale:
⚥ K5 C(5)+corona A5 G¯(2)
Apparato radicale:
Fittonante con laterali
Frutto:
2 follicoli deiscenti
L’oleandro cammina lentamente nella storia, come fanno certe piante che non reclamano attenzione ma finiscono per diventare parte del paesaggio stesso. Con le sue foglie strette e i fiori vaporosi, si è adagiato lungo le sponde del Mediterraneo con naturalezza, quasi fosse sempre stato lì. In realtà, il suo viaggio è antico: originario delle regioni più calde dell’Asia sud-occidentale, ha seguito le rotte dei mercanti, il passo dei pastori, l’ombra delle carovane.
Dal Medio Oriente all’India, poi verso l’Egitto, la Grecia, l’Italia... l’oleandro ha trovato nel clima secco e luminoso del Sud un luogo dove la sua presenza potesse fiorire e intrecciarsi con la vita quotidiana. Non ha conquistato i luoghi: vi si è semplicemente inserito, come un colore che completa un paesaggio.
Oggi, è difficile immaginare un viale assolato senza la sua compagnia. Cresce lungo i fiumi stagionali, accanto ai muri screpolati dei borghi, nei giardini dimenticati e in quelli curati con amore. In ogni angolo dove il sole disegna l’estate, l’oleandro è lì, discreto e inconfondibile.
Nerium oleander è l’unico membro del suo genere, parte della grande famiglia delle Apocynaceae, che accoglie molte piante dai fiori intensi e dal portamento elegante. Arbusto sempreverde, può raggiungere anche i sei metri d’altezza, ma lo fa senza fretta. Le sue foglie, lanceolate e disposte in verticilli, sono un piccolo trattato di efficienza vegetale: riducono la perdita d’acqua e catturano la luce con precisione.
La fioritura – lunga, generosa, quasi ostinata – avviene da primavera inoltrata fino all’autunno. I colori spaziano dal bianco al rosa più acceso, fino a un rosso che sembra trattenere il calore del giorno. I fiori, profumati in alcune varietà, attirano farfalle e api, contribuendo a una piccola danza naturale intorno a ogni cespuglio.
Ma dietro questa apparenza leggera si cela una complessità chimica: l’oleandro contiene glicosidi cardioattivi, tra cui l’oleandrina. Tutte le sue parti, persino i semi e l’acqua in cui è immerso, sono tossiche se ingerite. La pianta, tuttavia, non si impone per questo: non cerca di respingere, ma semplicemente custodisce la propria integrità. È un confine tra bellezza e attenzione.
Nel corso dei secoli, l’oleandro ha accumulato racconti e simboli, spesso contrastanti come i suoi petali delicati e la sua struttura solida. Nell’antica Grecia era chiamato rhododaphne, la “rosa di lauro”, un nome che unisce due mondi vegetali: quello della fragranza e quello della forza.
In epoche più tarde, il suo fiore venne associato al passaggio, all’oltre. Non è un caso che lo si ritrovi spesso nei cimiteri del Sud Europa: non tanto come simbolo funebre, ma come presenza gentile, che accompagna in silenzio il ricordo. In India, il suo corrispettivo, il "kaner", è parte di cerimonie e offerte, dove la bellezza diventa gesto rituale.
Racconti popolari narrano di viaggiatori e amanti, di corone intrecciate con rami d’oleandro, di pozioni errate e rimedi intuitivi. Nella letteratura araba, è fiore dell’attesa e della malinconia. In alcune leggende del Sud Italia, l’oleandro fiorisce dove una donna ha atteso troppo a lungo, trasformando l’attesa in radice.
Pur essendo tossico, l’oleandro è stato utilizzato in diverse culture per scopi pratici, sempre con grande cautela. Nell’antichità, era coltivato nei cortili e nei chiostri, più per la sua capacità di decorare che per un reale uso domestico. Raramente impiegato nella medicina popolare, veniva invece apprezzato per la sua funzione ornamentale e, a volte, protettiva: si credeva che tenesse lontani gli spiriti maligni e certi insetti.
In epoca romana, veniva piantato accanto alle terme e nei giardini delle ville costiere. I suoi rami, intrecciati tra loro, formavano siepi che offrivano ombra e colore, e delineavano gli spazi con un’eleganza semplice.
Oggi, continua a essere scelto per bordure stradali, giardini pubblici, aiuole cittadine: non per necessità, ma per la continuità che rappresenta. È come una firma del paesaggio mediterraneo, che aggiunge un tono familiare ovunque appaia. La sua presenza parla di sole, di mare, di pietra chiara: è un dettaglio che racconta un’intera geografia emotiva.
L’oleandro non impone la sua presenza. Non urla, non si difende. Cresce dove il tempo scorre piano, e il paesaggio ha bisogno di continuità. È una pianta che si lascia guardare, come si guarda una strada che si conosce bene: con affetto, e un senso silenzioso di appartenenza.