Audioguida per il percorso naturalistico
Nome pianta:
Lentisco
Ordine:
Sapindales
Famiglia:
Anacardiaceae
Genere:
Pistacia
Specie:
Pistacia lentiscus
Formula fiorale:
♂ K5 A5 G0 / ♀ K5 A0 G¯(3)
Apparato radicale:
Fittonante profondo
Frutto:
Drupa
C’è una pianta che non teme il sole cocente né il canto incessante del maestrale. Una pianta che ha imparato a sopravvivere nella roccia pugliese, tra gli aromi salmastri delle coste e i silenzi assolati delle colline aride: è il lentisco (Pistacia lentiscus), figlio autentico del Mediterraneo.
Originario dell’area orientale di questo mare antico, il lentisco ha seguito l’uomo nei suoi spostamenti, lungo rotte commerciali e pellegrinaggi millenari. Lo troviamo oggi sulle sponde di Grecia e Turchia, in Israele, in Nord Africa, fino alle coste spagnole e portoghesi, e naturalmente in tutta l’Italia centro-meridionale, specialmente in Sardegna, dove sembra crescere con l’orgoglio di chi conosce il vento per nome. Ha attraversato i secoli come un compagno silenzioso, resistendo all’erosione del tempo e alla mano dell’uomo, insinuandosi negli interstizi del paesaggio con discrezione e tenacia.
Il lentisco è un arbusto sempreverde della famiglia delle Anacardiacee, come il più celebre pistacchio (Pistacia vera) da cui però si distingue nettamente per forma, habitat e uso. Può raggiungere anche i tre metri di altezza, ma si accontenta spesso di restare più basso, modellato dal vento o brucato da greggi antiche. Le sue foglie pennate, lucide e coriacee, raccontano la sua strategia contro la siccità, così come le radici profonde che scavano il terreno alla ricerca dell’acqua.
Tra primavera e inizio estate, il lentisco fiorisce con discrezione: piccoli fiori rossastri o verdastri, poco appariscenti, affidano il loro destino al vento o agli insetti. Poi, con l’avanzare dell’estate, compaiono i frutti: drupe tondeggianti che da verdi diventano rosse e infine nere, mature. Pochi sanno che questa pianta, apparentemente modesta, è una vera farmacia vegetale: ricca di oli essenziali, resine e sostanze antinfiammatorie, è studiata ancora oggi per le sue proprietà benefiche.
Il lentisco è stato testimone di racconti antichi, intessuti di sacro e profano. Nell’isola greca di Chio, la sua resina – la famosa mastiha – era così preziosa che solo a pochi era concesso coltivarla. Si diceva che quando San Isidoro fu martirizzato, gli alberi di lentisco piansero lacrime di resina in segno di dolore. Quelle stesse lacrime furono poi offerte agli dei, usate per profumare i templi, e divennero moneta di scambio tra le genti del Mediterraneo.
In Sardegna, il lentisco compare nelle narrazioni agropastorali, come rifugio per i pastori o come segno di confine tra terre. Il suo odore forte, balsamico, quasi selvatico, era considerato un segnale di protezione, capace di allontanare gli spiriti maligni. In alcune zone della Puglia e della Sicilia, si usava bruciarne i rami nelle notti sacre, per purificare l’aria e proteggere il bestiame.
Ma oltre la leggenda, il lentisco ha sempre avuto una funzione concreta. La resina, ancora oggi raccolta a mano in alcune regioni greche, veniva masticata per profumare l’alito e rinforzare le gengive. Da qui il nome “mastice”. Con la sua corteccia si preparavano infusi digestivi, mentre l’olio estratto dai frutti, denso e profumato, serviva un tempo per l’illuminazione, ma anche per cucinare o lenire le ferite.
Oggi, il lentisco conosce una nuova giovinezza: l’olio di lentisco è riscoperto per le sue virtù cosmetiche e dermatologiche; le sue essenze entrano nei profumi di nicchia, evocando terre bruciate dal sole e brezze marine. In cucina, chef e produttori lo utilizzano per aromatizzare oli extravergini e liquori artigianali.
Così, quel piccolo arbusto che cresce tra le pietre, che resiste senza clamore, continua a offrirci storie, sapori e cure. Il lentisco non si impone, ma resta, testardo e fiero, come il Mediterraneo che lo ha generato.