Audioguida per il percorso naturalistico
Nome pianta:
Alaterno
Ordine:
Rosales
Famiglia:
Rhamnaceae
Genere:
Rhamnus
Specie:
Rhamnus alaternus
Formula fiorale:
⚥ K5 C5 A5 G¯(3)
Apparato radicale:
Fittonante profondo
Frutto:
Drupa
C’è una pianta che non cerca la ribalta, ma che da millenni accompagna i margini del mondo mediterraneo con discrezione. L’alaterno (Rhamnus alaternus), arbusto sempreverde dal portamento elegante e leggero, è una delle presenze più antiche e silenziose delle nostre coste, delle colline assolate, dei lembi dimenticati del bosco.
Le sue origini si perdono nel tempo, radicate nella macchia mediterranea primigenia. Cresceva abbondante nelle foreste della Grecia arcaica e, attraversando l’Adriatico, si diffuse in Puglia già in epoca ellenica, diventando una delle specie dominanti dei boschi collinari, insieme al leccio e al lentisco. All’epoca, la vegetazione pugliese era più fitta, più verde, più variegata: il clima, leggermente più umido, e l’uso del territorio meno invasivo, permettevano agli alaterni di prosperare in equilibrio con l’uomo e con gli animali.
Col passare dei secoli, però, qualcosa cambiò. L’agricoltura intensiva, il disboscamento per fare spazio agli oliveti e ai pascoli, le invasioni, le guerre, i fuochi… tutto contribuì a far regredire la vegetazione originaria. L’alaterno, pianta paziente, si ritirò allora nei luoghi marginali, tra i muretti a secco, nei canaloni nascosti, nei lembi residuali della macchia. Ma non è mai scomparso. Come una memoria vegetale, è rimasto lì, testimone della natura che fu.
L’alaterno appartiene alla famiglia delle Rhamnaceae. È un arbusto o alberello che può superare i tre metri d’altezza, con una chioma fitta e tondeggiante. Le sue foglie sono coriacee, lucide, di un verde brillante che contrasta con il tronco scuro e spesso contorto. In primavera, fiorisce con minuscoli fiori giallo-verdastri, poco appariscenti ma ricchi di nettare, tanto da attrarre api e insetti impollinatori in gran quantità.
I frutti sono piccole drupe che maturano a fine estate, passando dal rosso vivo al nero lucido: bacche non commestibili per l’uomo, ma fondamentali per uccelli e fauna selvatica. La sua presenza è indicatrice di suoli ben drenati e climi miti, e il suo ruolo ecologico è insostituibile: protegge il terreno dall’erosione, crea rifugi per insetti e piccoli vertebrati, si inserisce perfettamente nei complessi equilibri della macchia mediterranea.
La sua capacità di resistere alla siccità e al vento, di rinascere dopo il taglio o il fuoco, lo rende una pianta pioniera, una delle prime a colonizzare i terreni degradati. Dove compare l’alaterno, la natura si sta rimettendo in cammino.
Anche se meno noto di altri arbusti mediterranei, l’alaterno non è mai stato del tutto ignorato dalla cultura popolare. Nell'antichità, veniva spesso associato alla giustizia e alla fermezza per la sua capacità di mantenere il verde anche nei periodi più difficili. Plinio il Vecchio lo cita nei suoi scritti, attribuendogli poteri purificatori e medicinali. Il suo nome latino, Rhamnus, è legato a divinità minori e presenze arboree delle selve sacre.
In alcune zone dell’Italia meridionale, i suoi rami venivano usati nei riti agricoli per propiziare la pioggia o scacciare la sfortuna. Le sue bacche, pur non edibili, venivano un tempo utilizzate per colorare il tessuto in toni scuri, e la sua corteccia era impiegata nella medicina popolare come purgante.
L’alaterno, insomma, è sempre stato lì, ai margini dei racconti e dei sentieri, pianta di confine tra l’utile e il simbolico, tra l’uomo e la selva.
Sebbene l’alaterno non sia mai stato una pianta coltivata su larga scala, la sua presenza costante ne ha fatto un alleato discreto. Il suo legno, duro e resistente, veniva impiegato per piccoli attrezzi, manici, bastoni. La sua corteccia e le foglie erano apprezzate nella medicina popolare, soprattutto come diuretico e depurativo.
Oggi, l’alaterno è oggetto di un rinnovato interesse botanico ed ecologico. Viene utilizzato nei progetti di rinaturalizzazione e nei giardini mediterranei, per la sua bellezza sobria e la capacità di attrarre biodiversità. Nei parchi e nei sentieri naturalistici, il suo nome ricompare sulle targhette botaniche, come segno di una consapevolezza ritrovata.
In un mondo sempre più arido, l’alaterno ci ricorda che la resilienza non fa rumore. Cresce piano, ma torna sempre, come la memoria di un bosco che non ha mai smesso di respirare.